La paleontologia, i
ritrovamenti fossili, le informazioni provenienti dalle
circa 180 società ancora esistenti di cacciatori -
raccoglitori ci suggeriscono come la dieta che ha
consentito l’evoluzione dell’uomo fosse estremamente
ricca in termini di varietà e qualità degli alimenti.
Consentiva una ricchezza di cibo ben lontana
dall’attuale, monotona cronicità alimentare. In generale
il rapporto tra alimenti animali e vegetali oscillava a
favore dei primi per il 60-65%. Era una dieta quindi
ricca di proteine animali, bassa in carboidrati,
moderata di grassi. In stridente contrasto con
l’alimentazione a prevalenza di carboidrati oggi
universalmente raccomandata persino ai diabetici. Il
passaggio alla dieta agricola fu segnato da immediata e
generalizzata riduzione dell’altezza e della massa
corporea e da un drastico deterioramento delle
condizioni di salute, dalle malattie autoimmuni
(diabete, celiachia, artrite) alle allergie alimentari,
all’obesità e alle malattie cardiovascolari fino al
cancro. Insieme comparvero disordini mentali, autismo,
depressione e schizofrenia, tutti disturbi da porre in
relazione con l’introduzione di una dieta innaturale per
l’animale-uomo. Le basi dell’alimentazione pre -
agricola potrebbero essere così riassunte.
I
carboidrati
– in quantità moderata, ben gestibile dall’organismo –
derivavano da bacche, radici e foglie, alimenti ricchi
di fibre e di nutrienti. Il loro carico e indice
glicemico, molto ridotti, non creano quei problemi di
resistenza insulinica che sono alla base della Sindrome
Metabolica. I cereali successivamente introdotti, carico
e indice glicemico molto elevati, sono privi di vitamina
C, beta caroteni, contengono vitamine del gruppo B
scarsamente assimilabili e grandi quantità di fitati che
impediscono l’assorbimnento degli ioni divalenti, ferro,
calcio, magnesio e zinco. I legumi, assenti
nell’alimentazione preistorica, velenosi se consumati
crudi, contengono molte lectine, inibitori della
proteasi e fitati. Le lectine sono sostanze
infiammatorie, tossiche e strettamente correlate con le
malattie autoimmuni.
Le
proteine
rappresentavano oltre il 60% delle calorie introdotte e
provenivano in gran parte da animali allo stato brado,
carne ricca di ferro, zinco, vitamine del gruppo B,
scarsa di grassi saturi e pesce.
I grassi
della dieta preistorica, circa il 35-40% delle calorie
totali erano principalmente monoinsaturi e polinsaturi,
al contrario dei grassi saturi consumati oggi in grande
quantità. Il rapporto tra omega 6 e omega 3
era sicuramente inferiore a 4 contro i 10 attuali dei
paesi occidentali. Le conseguenze sul sistema nervoso e
cardiovascolare di questo squilibrio sono
incontrovertibili.
Vitamine
e minerali
erano almeno tre volte più abbondanti di oggi, insieme
ad antiossidanti e bioflavonoidi, quantità impensabili
con l’alimentazione agricola. Il sodio era unicamente
quello naturale contenuto nel cibo, almeno 1/5 del
consumo attuale. L’allattamento dei figli continuava
presumibilmente per i primi anni di vita con
indiscutibili vantaggi sia per la madre che per il
bambino. La ricchezza di acidi grassi essenziali del
latte materno consentiva il perfetto sviluppo del
cervello e l’intolleranza al lattosio evidentemente non
esisteva. È dimostrato che la carenza di acidi grassi
durante la vita uterina e l’infanzia contribuiscono a un
ridotto quoziente intellettivo, difficoltà
nell’apprendimento, scarsa acutezza visiva e
depressione.
Alimentazione e sistema immunitario
La nostra salute dipende in massima parte dal sistema
immunitario, un complesso meccanismo che interagisce sia
col sistema nervoso che con quello ormonale. Molti
nutrienti sono indispensabili al suo corretto
funzionamento, tra questi i più importanti sono le
proteine, alcuni minerali: zinco, selenio, ferro rame e
le vitamine: A, C, E, B6, acido folico. In particolare
sono fondamentali le proteine e lo zinco
L’atrofia dei linfonodi è la conseguenza più drammatica
della carenza di proteine. Si riducono peso e dimensioni
del timo, si perde la differenziazione cellulare e
molte cellule linfoidi che si trovano in prossimità dei
piccoli vasi intestinali. Nei linfonodi le aree
pericorticali si impoveriscono di linfociti, si alterano
molti meccanismi difensivi, si perde la sensibilità agli
antigeni. I linfociti T e le cellule che producono
anticorpi si riducono insieme ai fagociti e alle
interleuchine. Per recuperare queste funzioni che
decadono con rapidità occorrono mesi di terapia. Anche
le deficienze di vitamina A, ferro e zinco – sostanze
contenute soprattutto nelle fonti di proteine animali -
hanno un ruolo decisivo.
Una carenza marginale di zinco è evidenziata dal sistema
immunitario depresso, da riduzione del gusto e
dell’odorato, cecità notturna, problemi di memoria e
calo della spermatogenesi nel maschio. Nelle carenze
gravi si hanno frequenti infezioni, dermatiti, diarree,
alopecia, disturbi mentali. Carenze nella fase fetale
condizionano negativamente lo sviluppo del sistema
immunitario. Carenze di zinco inoltre favoriscono l’apoptosi,
la morte cellulare. Nell’anziano questo sistema vacilla
ulteriormente esponendo a una maggiore incidenza di
malattie e tumori. Ancora una volta ne è causa
l’alimentazione in modo diretto - perché sempre più
approssimativa - e indiretto perché l’intestino quasi
privo di villi, distrutti da una vita di esposizione
cronica al glutine, ha un potere molto ridotto di
assorbimento. Importanza analoga la si attribuisce al
ferro, solitamente molto carente - come forma
biodisponibile - nelle diete agricole a base di cereali
e legumi. Uno studio recente
effettuato su una coorte di 126 giovani marocchini tra i
6 e i 10 anni, alimentati in modo tradizionale ha dato
risultati evidenti. L’introito medio giornaliero di
ferro è risultato essere di 10,8 mg, il 97% dei quali
non eme, cioè non assorbibile. Dopo 15 mesi il ferro
totale del corpo dei ragazzi era sceso di 142 mg,
l’emoglobina di 12g/L. Il 75% dei soggetti aveva
evidente deficit di ferro nei tessuti e la metà aveva
sviluppato una lieve anemia ferropriva. In sintesi il
baluardo della nostra salute, il sistema immunitario, è
pienamente efficiente e ci assicura una notevole
protezione da infezioni, malattie e cancro se
l’alimentazione fornisce adeguate quantità dei nutrienti
di cui abbiamo parlato. Questo è praticamente
impossibile con le diete tradizionali e solo un elevato
apporto di cibo animale, ricco di proteine e
micronutrienti lo può garantire. Ulteriore prova
oltretutto dell’evoluzione carnivora della nostra
specie. Già nel 1995, Huntdimostrava su donne anziane come una dieta ricca
di carne rossa fosse superiore a diete basse di proteine
- anche se integrate con sali minerali – per
l’assorbimento e la ritenzione di zinco, ferro e altri
sali, mantenendo peraltro inalterato il bilancio di
azoto e calcio.
MAGGIORE CONTENUTO IN ORDINE DECRESCENTE
(sono escluse le fonti alimentari non
biodisponibili) |
Nutriente |
LARN |
Alimento |
Quantità per 100 grammi |
PROTEINE |
0,70 g x kgpc/g |
Bue
Pesce
Uova |
20 g
16 g
12 g |
ZINCO |
11 mg/g |
Ostriche
Fegato bovino
Bue |
90 mg
18 mg
4,5 mg |
VIT. A |
700 RE/g |
Fegato bovino
Pesce
Tuorlo d’uovo |
11.705 RE (Unità Retin. Equiv.)
655 RE
37 RE |
FERRO |
12 mg/g |
Fegato bovino
Cavallo
Bue |
64 mg
3,9 mg
2,5 mg |
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DALLA FAO IL PARADIGMA DELLO
SVILUPPO
CULTURALE DISTONICO
Dounias e Froment (Unasylva
224, vol. 57, 2006) ben documentano la
catastrofe umana, sociale e sanitaria dei
cacciatori-raccoglitori sradicati dal loro
habitat e dai loro ritmi di vita. L’articolo
analizza i cambiamenti alimentari e il
conseguente deteriorarsi della salute di
numerosi gruppi di pigmei Kola, Baka,
Medjan del Camerun, Efe e
Mbuti del Congo, Aka della
Repubblica Centro-africana e non solo. Sulla
base di
errate supposizioni di insalubrità della foresta
e soprattutto sulla scia di interessi economici
si sono sradicate queste culture nell’intento –
almeno dichiarato – di dare loro una vita
migliore.
Tutto questo è servito solo a distruggere la
loro salute e la loro cultura. La transizione
verso insediamenti fissi e sovraffollati ha
compromesso ogni aspetto della loro vita. Mentre
il nomadismo e le piccole comunità gli
preservavano da parassiti e infezioni e gli
mantenevano fisicamente efficienti, la
promiscuità, l’uso dei vestiti, i roditori e gli
insetti hanno trasmesso loro nuove infezioni e
malattie. Vermi intestinali, malaria e
tubercolosi oggi mietono tra queste tribù sempre
più vittime. L’alimentazione troppo ricca di
zuccheri e calorie ha prodotto la comparsa delle
malattie metaboliche prima sconosciute. La fine
della cultura basata su caccia e raccolta ha
segnato l’inizio della povertà e
dell’emarginazione provocando in queste comunità
sradicate disordine sociale e frustrazione. La
conseguenza sono state la violenza, i disordini
mentali e la dipendenza da alcol e droghe. La
promiscuità sessuale ha diffuso l’AIDS. Niente
di nuovo come si vede, è solo la cronistoria
accelerata di quanto ha subìto l’uomo negli
ultimi 10.000 anni. |
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GC |
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Famiglia Pigmea
I PIGMEI BAKA
In generale i pigmei sono nomadi o semi nomadi, il
30-40% della loro alimentazione è costituito da antilopi
e gazzelle e le scimmie sono considerate prelibatezze,
soprattutto gli scimpanzè e i gorilla. Mentre gli uomini
cacciano, le donne raccolgono bacche, radici, frutta
selvatica e miele. Pesce, gamberetti e granchi sono
pescati nei corsi d’acqua. Per integrare la quota
proteica non vengono disdegnati neppure millepiedi,
funghi, e larve. I Baka, che nel 1988 erano circa
30.000, rappresentano ancora oggi la perfetta
integrazione tra uomo e natura. La loro nicchia
ecologica si trova nel sud-est del Camerun. Riconoscono
in Komba il dio creatore del cosmo e in Jengi
lo spirito protettivo della foresta. Vivono
esclusivamente delle risorse del loro habitat,
la foresta pluviale. Un ambiente molto ricco di
biodiversità ma dalla sopravvivenza difficile, pieno di
rischi continui. Dalle piante ottengono anche il veleno
per le loro frecce e i farmaci che servono per curarsi.
J.M.Simo, P.N.Ncholji NATURE AND HUMAN DEVELOPMENT AMONG
THE BAKA PYGMIES ignca.nic.in/ps_05020 htm, 1995
THE PEOPLES OF THE FOREST
www.mc.maricopa.edu,
2003
IL SISTEMA IMMUNITARIO
Si tratta di una rete integrata di modulatori chimici e
cellulari, sviluppati nel corso dell’evoluzione per
difendere l’organismo da insulti di ogni natura,
infettivi, traumatici e chimici. Si distinguono due aree
del sistema:
1.
immunità aspecifica,
evolutivamente la più antica, una sorta di prima linea
difensiva ad intervento immediato, responsabile dell’
infiammazione dei tessuti.
2.
immunità specifica,
più sofisticata ma più lenta.
Esistono poi varie tipologie di immunità, congenita,
naturale, attiva o passiva e ovviamente artificiale da
sieri e vaccini. |
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