I nostri
figli nascono già metabolicamente compromessi, diabetici
in predicato. L’obesità infantile è in preoccupante
sviluppo. La salute futura si prepara - a partire dal
concepimento - durante la vita uterina. Figli sani,
forti e ben sviluppati sono la naturale e ragionevole
aspettativa di tutti. Molti si chiedono per quanto
ancora continueremo ad aggredire l’intestino
delicatissimo e indifeso di un bimbo di pochi mesi con
pappine e alimenti a base di cereali e di glutine con le
terribili conseguenze che più avanti andremo a
dimostrare.
Fertilità
I danni della dieta agricola si manifestano ancora prima
del concepimento, mettendo prima di tutto a rischio la
fertilità. Uno studio della Queen’s University di
Belfast, Gran Bretagna ha evidenziato che nei diabetici
di tipo 1, il DNA degli spermatozooi risulta danneggiato
anche se non vi è differenza nella concentrazione dello
sperma tra soggetti sani e ammalati. Il 52% dello sperma
dei diabetici presenta mutazioni che possono impedire la
fertilizzazione dell’ovulo o favorire la nascita di
bambini malformati. Inoltre una dieta prevalentemente
vegetariana a base di cereali e legumi influisce
negativamente sulla qualità del seme maschile. Ad
esempio si è riscontrato – come studi animali avevano
già a suo tempo evidenziato – che gli isoflavoni
della soia diminuiscono la fertilità del seme maschile,
indipendentemente da età, periodo di astinenza, consumo
di alcol e caffé.
Uomini che consumano regolarmente prodotti a base di
soia difettano mediamente di 41 milioni di spermatozoi /
ml. rispetto a chi non ne consuma. Obesità e sovrappeso
aggravano la situazione. In campo femminile si sono
dimostrate analogie. Donne non vegetariane
con alimentazione che apporta buone
quantità di proteine animali, zinco e colesterolo hanno
una minore incidenza di irregolarità mestruali (4,9%)
rispetto a donne vegetariane (26,5%).
Problemi analoghi sono prodotti da diete a basso tenore
di grassi, ipercarboidrate,
anche se la relazione con abitudini vegetariane sembrano
più sfumate quando i soggetti sono in buona salute e
mantengono stabile il peso corporeo. Fondamentali
rimangono comunque un adeguato apporto calorico e
soprattutto proteico, con particolare importanza delle
proteine animali.
La carne in particolare risulta essere fondamentale nel
rilascio di gonadotropine e nella maturazione del
follicolo.
Gravidanza e allattamento
L’influenza della nutrizione materna sul feto è tale da
condizionarne completamente la salute nella vita adulta
come ci dimostrano ormai una pletora di studi, al punto
che si arriva a parlare di programmazione della
salute. La carenza di proteine nella dieta materna in
gravidanza e nell’allattamento è - in assoluto -
l’evento più dannoso per il nascituro. Una ricerca
longitudinale
effettuata su 25.000 donne nel Regno Unito ha messo in
relazione il peso del neonato con le malattie che
avrebbe contratto nella mezza età. I nati sottopeso e
male proporzionati per carenze di proteine ed eccesso di
zuccheri nella dieta della madre, svilupparono problemi
più frequenti di ipertensione, controllo della glicemia,
colesterolo, insulina e malformazioni renali. Più di
recente si è confermato
come chi nasce e viene allattato da madri nutrite con
“cibi-spazzatura”, evidenzia nell’adolescenza una
esacerbata adiposità e grasso perineale, con livelli più
elevati di glucosio, insulina, trigliceridi, colesterolo
nei confronti di coetanei pur nutriti di junk-foods
ma nati da madri che avevano osservato una dieta
prudente nella gravidanza. Già si era dimostrato su
animali,
che una dieta ridotta sia pure limitatamente di proteine
e calorie ha una influenza negativa sulla funzione
renale del nascituro riducendo il numero dei nefroni e
dei glomeroli e di conseguenza provocando ipertensione.
Risultati analoghi sono stati osservati da Hoppe,
la restrizione di proteine nel periodo pre e post natale
ha ridotto di oltre il 30% la quantità dei nefroni e di
conseguenza la funzionalità dei reni, anche se la
pressione arteriosa in questo caso non è risultata
alterata. Una serie approfondita di studi su animali
individua altri effetti negativi delle diete a basso
tenore proteico sul metabolismo degli zuccheri.
Si evidenziano alterazioni di sviluppo, appetito,
leptina, trigliceridi, colesterolo, glucosio e
resistenza all’insulina nonché sviluppo e crescita
alterata degli organi riproduttivi nei maschi.
Ulteriori riscontri
si hanno a carico della funzionalità cardiaca con
aumento del rischio cardiovascolare nei nati sottopeso
da madri alimentate con dieta carente di proteine.
Infine per lo stesso motivo si è visto come lo sviluppo
del pancreas sia fortemente compromesso per riduzione
delle cellule beta e per la produzione di insulina con
conseguente intolleranza agli zuccheri nell’adulto. In
particolare le femmine sono risultate più colpite se la
carenza proteica veniva instaurata a metà gestazione, i
maschi se avveniva alla fine. Avendo tra l’altro lo
studio ridotto le proteine ma non le calorie, il deficit
era colmato dagli zuccheri e anche questo fatto ha il
suo significato. Viceversa
una dieta ricca di proteine durante la gestazione e
l’allattamento assicura pressione, metabolismo degli
zuccheri e peso corporeo corretti anche se il nascituro
sarà nutrito con dieta normo oppure iper-proteica.
Infanzia
Una drammatica raccolta di studi e ricerche ci mette in
allarme sullo sviluppo di gravi malattie autoimmuni,
particolarmente il diabete di tipo 1 e la celiachia a
seguito dello svezzamento e successiva nutrizione del
neonato con i cereali. Delle nefaste conseguenze sulla
crescita e sullo sviluppo dei bambini ne abbiamo già
trattato all’inizio di questo lavoro parlando dei danni
specifici che le graminacee producono indipendentemente
dal loro indice e carico glicemico (nanismo, rachitismo,
insufficienze nutrizionali e così via). Norris e
colleghi hanno seguito per almeno 4 anni 1.183 neonati
dei quali 321 predisposti per genotipo al diabete di
tipo 1 e 863 non predisposti.
Lo svezzamento è avvenuto secondo modalità tradizionali
principalmente con pappine a base di cereali e latte di
soia. Lo studio ha evidenziato una finestra temporale –
tra i 4 e i 6 mesi - nella quale esporre ai cereali il
bambino presenta un rischio diabete del 2,15% che
raddoppia letteralmente se l’esposizione avviene prima
del quarto mese (4,3%) o successivamente al sesto
(5,36%). Responsabile la gliadina del glutine e
una globulina del grano, la Glb1. Anche l’elevato
carico glicemico dei cereali contribuisce all’aumento
degli auto-anticorpi responsabili della distruzione
delle isolette pancreatiche. Il rischio maggiore
evidenziato prima del quarto mese è spiegato con la
fragilità della parete intestinale del neonato e le
scarse difese immunitarie; i rischi successivi al sesto
mese con la quantità stessa del pasto che comporta un
carico di gliadina e globulina maggiore. Altri dati sono
risultati essere i seguenti:
·
il rischio di contrarre diabete di tipo 1
dopo esposizione ai cereali è analogo indipendentemente
dalla predisposizione genetica e dalla familiarità.
·
L’allattamento al seno prima e durante lo
svezzamento riduce - di poco – questo rischio.
·
Il latte di vacca è estraneo
all’insorgenza del diabete di tipo 1.
Diabete
di tipo 1 e celiachia sono molto vicini sia come
epidemiologia sia come fattore scatenante, che risulta
essere, in ambedue i casi, la gliadina del
glutine. I celiaci sono sempre portatori di
auto-anticorpi del diabete 1 che una volta instaurati -
anche con la soppressione del glutine fino a 12 mesi –
rimangono presenti. Uno studio mirato su 1.560 neonati a
rischio celiachia o consanguinei di diabetici è stato
realizzato sempre dal Norris
che nell’arco di 10 anni (media del follow up 4,8
anni) ha verificato l’insorgere di 51 casi, il 3,4%.
L’esposizione ai cereali, grano, orzo, segale che
contengono prolammine e glutine induce risposte
autoimmuni. La gliadina è ancora il principale imputato
mentre riso e avena che non contengono glutine risultano
neutri da questo punto di vista. Confermata la finestra
di minore rischio tra i 4 e i 6 mesi e le analogie col
diabete di tipo 1. sempre secondo Norris
un aiuto può venire dal consumo di acidi grassi omega 3
e omega 6 che secondo l’autore sono inscindibili per la
loro azione sinergica. Un follow up decennale su
1.770 bambini a rischio diabete perché geneticamente
predisposti - dei quali 58 hanno successivamente
sviluppato la malattia) ha evidenziato una riduzione del
rischio minima ma già significativa dello 0,45%.
REFERENCES
GC
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LA SOIA
La soia, glycine max, è una pianta delle
Leguminose, originaria dell’Asia orientale. Il suo
fagiolo, usato una volta per la nutrizione animale, è di
recente entrato nel novero degli alimenti benefici,
“induttori di salute”. La coltivazione della soia ha
prodotto nella sola America del Sud la distruzione di 50
milioni di ettari di foresta. La si usa come integratore
proteico, addizionata a prodotti da forno, come latte
alternativo anche per i neonati. In realtà al pari dei
cereali e degli altri legumi, la soia non contiene
proteine nobili, zinco e ferro ma viceversa è molto
ricca di antinutrienti come gli inibitori della
tripsina (mancato assorbimento proteico), i
fitoestrogeni (influendo sul sistema ormonale
disturbano lo sviluppo e la riproduzione), l’acido
fitico (impedisce l’assorbimento di ferro e zinco),
gli isoflavoni che interferiscono col ciclo
mestruale e creano problemi di fertilità. Durante i
processi di lavorazione della soia si formano inoltre
nitrosammine, sostanze provatamente cancerogene.
La soia
Luciano Giannazza
www.medicinenon.it
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