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Analisi nutrizionale dei cereali
Giovanni Cianti, 30 Novembre 2009

 

Premessa
Molti termini son stati coniati per indicare la non idoneità di alcuni alimenti, cibo-spazzatura, calorie vuote, bombe caloriche e così via. Sostanzialmente questa valutazione tiene conto del valore energetico (le calorie) e del valore nutrizionale (le sostanze nutritive contenute nel cibo stesso). Spesso i due parametri sono inversamente proporzionali, infatti i cibi più ricchi di nutrienti sono anche i più poveri di calorie e viceversa. Ancora oggi però non esistono criteri e standard univoci per valutare la capacità nutritiva del cibo, anche se vi è una forte convergenza nelle valutazioni[1]. L’incalzante aumento del diabete di tipo 2 e della Sindrome Metabolica è concordemente messo in stretta relazione col consumo massivo di cibo addizionato con zuccheri, grassi e dolcificanti di varia natura. Sono alimenti che costano poco, molto appetibili e facili da preparare. Sono altresì densi di calorie e spesso carenti di vitamine, minerali e altri micronutrienti. Fino dal 1977 si è lavorato per stabilire quali fossero gli standard da osservare riguardo ad una alimentazione razionale e salutare, ma ad oggi non si è ancora raggiunto un accordo condiviso da tutti. La dizione più ricorrente espressa anche nelle Dietary Guidelines for Americans del 2005 ci indica cibi ricchi di nutrienti comparati con cibi poveri di nutrienti. Nei riguardi dei cereali già nel 1979 Hansen scriveva che “ad eccezione della tiamina, i nutrienti contenuti nei cereali sono trascurabili” e che il loro unico pregio è costituito dall’elevato apporto di energia ad un costo economico limitato[2]
. Tra i criteri e gli standard individuati citiamo:

·         Adeguatezza nutrizionale della dieta che mette in relazione i nutrienti contenuti nel cibo con i RDAs (la quantità minima giornaliera raccomandata)

·         Indice Hansen della qualità nutritiva degli alimenti  che misura il rapporto tra le calorie dell’alimento  e i nutrienti che contiene

·         Relazione tra cibi raccomandati e cibi da limitare indica come nutrienti desiderabili: proteine, calcio, ferro, Vitamine A, C e fibre. Non desiderabili sono: calorie, grassi saturi, colesterolo, zucchero e sodio.

·         Indice della qualità nutrizionale del Padberg che attribuisce ai cibi un punteggio sulla base delle raccomandazioni del Food and Drugs Administration USA.

·         Rapporto calorie e nutrienti di Lachance e Fisher che mette in relazione il valore energetico con quello nutrizionale. I 13 nutrienti comparati sono: proteine, calcio, ferro, vitamine A e C, tiamina, riboflavina, B6, B12, niacina, acido folico, magnesio e zinco.

·         Punteggio dei cibi naturalmente nutrienti che valuta positivamente proteine, calcio, ferro, vitamine A e C.

Come si vede i capisaldo di riferimento più ricorrenti sono le proteine, il calcio, il ferro, le vitamine A e C, il magnesio e lo zinco.

I  cereali, alimenti non idonei alla nutrizione umana

I motivi principali per cui i cereali non sono il cibo migliore per l’uomo:

·         contengono eccessive calorie in relazione al loro volume

·         contengono proteine, ma di scarso valore biologico

·         contengono troppi zuccheri e sia il carico che l’indice glicemico -  particolarmente nei cereali raffinati  -  sono eccessivamente elevati

·         contengono poche vitamine e minerali soprattutto quando sono raffinati

·         se raffinati non contengono fibre

·         se integrali e quindi ricchi di fibre, sono carichi di antinutrienti

Le proteine
Le proteine di tutti i cereali sono carenti di aminoacidi essenziali che non essendo sintetizzabili dall’organismo dovrebbero essere introdotti con l’alimentazione. Dei 20 aminoacidi che normalmente costituiscono le proteine, 8 sono considerati essenziali nell’adulto: lisina, leucina, isoleucina, valina, metionina, fenilalanina, triptofano e treonina. L’aminoacido maggiormente carente nei cereali è la lisina, ma lo sono anche treonina, isoleucina, metionina, triptofano e fenilalanina. Nei semi delle graminacee infatti sono preponderanti le prolamine e le gluteline rispetto ad albumine e globuline. Ulteriore fattore di squilibrio è dato dalla presenza di aminoacidi limitanti per eccesso sulla composizione aminoacidica complessiva. Ad esempio le popolazioni che si nutrono in prevalenza di mais soffrono di pellagra per lo squilibrio tra leucina e isoleucina presenti in questo cereale. Essendo poi le proteine unità funzionali con i tessuti viventi dalle quali derivano possono risultare non assimilabili perché contenute in strutture di cellulosa che il nostro sistema digestivo non riesce a degradare. Altre proteine dei cereali hanno strutture inattaccabili dai nostri enzimi, di conseguenza la scissione in peptidi risulta molto lenta e l’assorbimento è minore. Consapevoli da molto tempo di questi problemi si è pensato di compensarli abbinando i cereali ad altri alimenti come i legumi o il latte per completarne lo scarso valore biologico. Purtroppo anche i legumi presentano problemi analoghi per l’uomo a causa delle troppe calorie, amidi e antinutrienti che contengono.

Gli antinutrienti[3]
Si tratta di sostanze – presenti soprattutto nel rivestimento esterno del seme - che la pianta produce per difendersi da insetti e uccelli. Se la loro efficacia su i piccoli organismi è letale, risulta comunque dannosa anche per l’uomo, soprattutto nel lungo periodo. La presenza dei tannini ad esempio, altera il sapore e il valore nutritivo del cibo. I tannini si trovano in particolare negli strati esterni della cariosside del sorgo e dell’orzo e agiscono sull’uomo riducendone lo sviluppo somatico e l’utilizzo dell’azoto proteico. Queste sostanze hanno anche attività cancerogena particolarmente nei tessuti della bocca e dell’esofago. Interferiscono inoltre con l’assorbimento degli ioni metallici. L’acido fitico e i suoi sali, i fitati costitiscono fino al 97% del contenuto in fosforo dei cereali che in questa forma non è assimilabile per l’uomo e per molti animali. I fitati, anch’essi presenti negli strati esterni del seme, interferiscono con l’assorbimento di calcio, ferro, magnesio e zinco, provocando rachitismo, immunodeficienza, nanismo ipofisario e anemia ferro-priva. Sono i motivi per cui nella storia della civiltà agricola si è preferito raffinare i cereali, privandoli della crusca. Frumento, segale, triticale contengono inibitori delle proteasi pancreatiche, ad esempio della tripsina. Sono sostanze termostabili, quindi attive anche dopo la cottura dell’alimento. Gli inibitori delle amilasi rappresentano circa i due terzi delle albumine presenti nel seme e l’uno percento del contenuto proteico della farina. L’effetto, apparentemente desiderabile per l’uomo nel controllo della Sindrome Metabolica, è quello di ridurre l’insorgenza di iperglicemia e iperinsulinemia, ma nel tempo possono provocare ipertrofia e degenerazione del pancreas. Le lectine presenti nell’embrione del chicco sono agglutinanti e portano alla formazione degli AGEs nelle cellule della mucosa intestinale, interferendo con l’assorbimento del cibo. Il glutine provoca infiammazione dei villi intestinali, una forma di enteropatia conosciuta come morbo celiaco che vedremo più avanti in modo approfondito e con lo stesso meccanismo autoimmune la distruzione delle cellule pancreatiche e l’insorgenza del diabete primario. Infine i resorcinoli provocano diminuizione della crescita con meccanismi ancora non chiari e hanno la capacità di infiammare la prostata. Per concludere, ricordando ancora che la presenza di queste sostanze è concentrata soprattutto nel guscio del seme, mal si comprendono le attuali raccomandazioni di consumare i cereali nella loro forma integrale. I potenziali benefici di un apporto vitaminico, minerale e di fibre maggiore non hanno contropartita per i danni che gli antinutrienti possono causare. Non è infatti un caso che storicamente gli abbienti consumassero cereali raffinati lasciando la crusca ai poveri.

 Alcune evidenze

I tre esempi che seguono mostrano come la povertà nutrizionale dei cereali, soprattutto se posti in relazione con altri alimenti, non si evidenzi soltanto nello scarso valore biologico delle proteine. Nell’ultimo schema in particolare si dimostra come a parità di carico energetico complessivo l’alimentazione attualmente consigliata, costituita per il 60% da amidi, che viene definita “equilibrata” se messa a confronto con una dieta più idonea all’essere umano, risulta praticamente vuota non solo di proteine nobili ma anche e soprattutto di
micronutrienti. Come si può pensare che una poltiglia di amido cotto, scarsamente digeribile, con indice e carico glicemico elevati, priva di fibre, vitamine e minerali, densa di calorie, antinutrienti, lieviti e conservanti possa essere funzionale alla nutrizione umana?

 

GC

 1 A. Drewnowsky CONCEPT OF A NUTRITIOUS FOOD: TOWARD A NUTRIENT DENSITY SCORE (2005) Am. J of Clin. Nutrition 82: 721-32

 2 R.G. Hansen et al. NUTRITION QUALITY INDEX OF FOOD (1979) Westport, CT: AVI Publishing Co

3 V. Buonocore, V. Silano

FATTORI ANTINUTRIZIONALI NEI CEREALI (1993) Le Scienze

 Tabelle da G.Topi: “L’alimentazione dell’atleta” EDIZ. LOMBARDO, Roma 

A.Fidanza e Al. :”la dieta Mediterranea” LE SCIENZE, Milano